Aquilotti Forzisti...
Sabato mattina. Mare. Sole. Aria di estate e di vacanze, di ozio e di piacere. A poche decine di metri dalle tende dei parasole dei lidi, rifugio ombroso alle abbronzate chiappe delle villeggianti e alle orgogliose pance dei vacanzieri impigriti, una parata di giacche, camicie, cravatte, tutte impegnate a darsi importanza: una conferenza politica è in atto e, dentro le sudate camicie, le mosce cravatte e le spiegazzate giacche, qualche raro gattopardo e molte iene e pecore sono impegnati a credersi (o a far finta di credersi) il sale della terra.
Ore di blablablare di prolissi vanverieri, e un manipolo di gattopardi giovanotti, guidati dal più nobile di loro, al mondano grido di battaglia “andiamo a farci un gingerino!”, affronta l’uscita e si immerge nella pesciarola giungla di asfalto e (pseudo-)dannunziani pini. Breve è lo cammino, e l’agognata meta (un onesto quisibeve) è in vista. Già però orde popolarecce l’hanno invasa, e lo spazio per estrinsecare l’urbanitas manca. È giunta l’ora delle decisioni irrevocabili, e una voce serpeggia tra i serrati ranghi: andare più oltre, e piantare il campo al lussuoso lido delle capanne. Il monterealese Conte però, che nel pur lucente manipolo risplende per eleganza, pronuncia quelle parole che tutti pensavano ma che nessuno aveva osato dire: “ma se incontriamo i bagnanti?”. Il pensiero dei pericolosi bagnanti si amplifica: ognuno richiama alla mente le paurose storie che da bambino popolavano i suoi sogni, sul bagnante nero venditore di braccialetti, sulla famiglia con bambini molesti e temibili… e nell’animo di qualcuno, in un muto terrore, appare pure l'indicibile immagine del tamarro da spiaggia!
Ciononostante la decisione era presa, e la compagnia avanzò. Qualche bagnante, solo all’apparenza innocuo, si mostrava all’orizzonte, ma il bar del lido ne era scevro. Cominciò la battaglia, e una schiera informe di cedrate, tè freddi e mente si dispose sul tavolo, già disperatamente accerchiata dalle assetate bocche che l’avrebbero sconfitta in pochi minuti.
Qualcosa successe però che allentò l’accerchiamento: ad un tratto il condottiero alzò lo sguardo, e così uno dopo l’altro dei virili combattenti, dando futile e momentaneo scampo alle ghiacciate bibite. Incedeva verso il campo di battaglia quella che sembrava indubitabilmente una pericolosa bagnante. Senza far caso alla battaglia che solo per lei si sospendeva, ella procedeva oltre, verso il bancone del bevandiere; ma una sua infallibile arma, pur nascosta, si mostrava: colpito dalla luce riflessa della spiaggia nel suo essere avvolto nascostamente da filatelici pantaloncini, un posteriore scultoreo si presentò, e le debolezze degli arditi affiorarono.
Pochi secondi bastarono per far languire i più impressionabili dei giovani, ma ben altro attendeva loro. Trascorso infatti un breve tempo, i pur minuti pantaloni erano spariti, e in un bikini interchiappale, consapevole mostra del fidiaco posteriore, tornò al bar la bagnante. Alcuni dei capitani dovettero immediatamente rivedere le strategie: e l’antica massima di non mai dare le spalle al nemico si scontrò con il precetto dell’“arte della guerra” che prescrive di non farsi cogliere nelle manovre di spostamento.
Ah, fossero questi i nemici! Sta di fatto che tutto si concluse in nulla: la bagnante mantenne la posizione, su un lettino sotto a un ombrellone, e l’ardito manipolo, vinta l’effimera battaglia contro le cedrate, fece una ritirata strategica.
Solo rimase nel cuore degli uomini un pensiero di timore e reverenza… verso le temibili bagnanti!
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